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Domande frequenti
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Uno psicologo è un medico? Può prescrivere farmaci?La professione di Psicologo venne istituita in Italia con Legge 18 febbraio 1989, n. 56. Come enunciato nell’art. 1: “La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” Per esercitare tale professione è necessario aver conseguito l’abilitazione alla professione di psicologo, mediante il superamento dell’Esame di Stato ed essere regolarmente iscritto nell’apposito albo professionale (art. 2). L’ammissione all’Esame di Stato è consentita ai laureati in Psicologia che abbiano sostenuto opportuno tirocinio pratico. Lo psicologo, non essendo un medico, non può in nessun caso prescrivere farmaci.
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Che differenza c’è tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra?"Lo Psicologo è un professionista laureato in Psicologia, abilitato all’esercizio della professione tramite Esame di Stato, iscritto presso l’albo professionale degli Psicologi. Focalizza il suo interesse sul funzionamento della mente, intesa in senso più ampio come psiche. Tra le sue attività specifiche vi sono la prevenzione, la diagnosi e l’attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno rivolte alla persona o al gruppo. Lo psicologo può intervenire con i medesimi obiettivi anche nei confronti della comunità o delle organizzazioni (psicologia del lavoro). I principali strumenti di intervento dello Psicologo sono il colloquio psicologico, la somministrazione di test psicologici con funzione diagnostica. Lo Psichiatra è un medico e in quanto tale, ha un approccio più organicistico al funzionamento della mente e al trattamento della malattia mentale. Valuta la sintomatologia e il decorso clinico e propone una cura che può indirizzarsi verso un intervento farmacologico e/o psicoterapeutico. L’art. 3 della Legge 56/89 prevede che possano essere abilitati all’esercizio della psicoterapia i laureati in psicologia o medicina e chirurgia che abbiano acquisito una specifica formazione, almeno quadriennale, presso scuole di specializzazione universitaria o riconosciute dal MIUR secondo la normativa vigente. Ovviamente “agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica” (art. 3, co. 2, legge 56/89). Esistono diversi orientamenti psicoterapeutici che, pur muovendo da differenti approcci teorici ognuno con uno specifico modello di funzionamento della psiche, condividono i medesimi obiettivi, ossia il perseguimento del benessere e dell’equilibrio psichico.
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Quando rivolgersi allo psicologo e quando allo psichiatra?Nella cura e nel trattamento dei disturbi mentali Psicologo e Psichiatra spesso lavorano congiuntamente, ognuno con le proprie competenze specifiche. Quando un disturbo psichico influisce negativamente sul funzionamento della persona, per esempio a livello relazionale, sociale o lavorativo, l’intervento del medico psichiatra può essere non solo molto utile per alleviare il grado di sofferenza, ma anche per ristabilire le condizioni necessarie e sufficienti per il lavoro psicologico d’introspezione. Non di rado, per esempio, il trattamento della depressione può giovarsi allo stesso tempo dell’intervento farmacologico quanto di quello psicologico e psicoterapeutico. In presenza di un disagio psichico soggettivo che non comporta una sintomatologia invalidante può essere utile rivolgersi inizialmente allo psicologo, con cui valutare, se necessario, l’opportunità di una consulenza medico-psichiatrica.
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Come si svolge il primo colloquio psicologico?Durante il primo colloquio psicologico lo psicologo o psicoterapeuta: ASCOLTA ATTIVAMENTE, al fine di stabilire quali siano i problemi per cui la persona si presenta nel suo studio. CHIEDE maggiori informazioni utili alla definizione della domanda d’aiuto e all’individuazione degli obiettivi da raggiungere. PRESENTA sé stesso ed il proprio modo di lavorare. SPIEGA alla persona come si sviluppa il percorso di cura. PRENDE ACCORDI ESPLICITI sul trattamento, tra cui: durata di ogni seduta e frequenza, ammontare dell’onorario, modi e tempi del pagamento, come considerare le sedute mancate, durata prevista del trattamento. PONE le basi, attraverso un atteggiamento accogliente, empatico e professionalmente “curioso”, per la creazione di una relazione di fiducia e dell’alleanza terapeutica. VALUTA la sintomatologia presentata, riservandosi di fornire indicazioni per un eventuale trattamento farmacologico, inviando per tale aspetto ad un medico psichiatra. Il cliente, a sua volta: DESCRIVE il proprio disagio, sintomi o problema, in modo tale da consentire allo psicologo di comprendere il motivo della richiesta d’aiuto. DEFINISCE, insieme al professionista, gli obiettivi (importanti, realizzabili e realistici) che desidera ottenere per raggiungere un maggior benessere. CHIEDE informazioni o chiarimenti. VALUTA se il terapeuta è una persona su cui può fare affidamento e se può essergli d’aiuto.
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Per chi è indicata la consulenza psicologica?La consulenza psicologica è il momento in cui la persona può riflettere, insieme allo psicologo, sulla natura delle proprie difficoltà, sulle strategie utilizzate finora e su quelle che possono ancora essere attuate per affrontare una situazione problematica, sulla valutazione delle risorse personali e del contesto di appartenenza. Chiunque viva una situazione critica o di difficoltà può, dunque, rivolgersi ad uno psicologo al fine di rafforzare le proprie competenze personali e perseguire il proprio benessere in modo autonomo. Lo psicologo, con la collaborazione attiva del suo cliente, ricostruirà la sua storia, collegando gli eventi del passato con quelli attuali, agevolerà l’individuazione di visioni alternative della situazione problematica e aiuterà la persona a identificare risorse nuove e strade possibili per il proprio benessere e per la sua crescita individuale. Un ulteriore obiettivo è quello di indirizzare, a seguito di un ascolto attento delle problematiche presentare, verso il percorso più indicato per la risoluzione della situazione specifica: potrà, quindi, valutare che ci siano le condizioni per un trattamento farmacologico proponendo una consulenza con uno psichiatra, oppure inviare ad un altro collega per un trattamento psicoterapico specialistico (ad esempio sessuologico) o ad un particolare servizio (SSN o centri specializzati, ad esempio nel trattamento delle dipendenze). Se, invece, valuterà che ci sono le condizioni per un percorso di sostegno psicologico potrà concordare modi, tempi, frequenza in base alla specifica situazione. Generalmente il sostegno psicologico viene indicato per il trattamento di una sintomatologia lieve, in caso di difficoltà decisionali o di situazioni di particolare stress.
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Quanto dura una psicoterapia?A priori non è possibile stabilire la durata di una psicoterapia, poiché è necessario innanzitutto valutare la natura e l’entità della problematica specifica nonché il grado di sofferenza che essa comporta. Inoltre, vi sono differenze anche in relazione al tempo di comparsa: un disagio o un disturbo sviluppato molto tempo prima e mai affrontato, per esempio, può essersi cristallizzato e richiedere perciò un intervento più dilatato nel tempo. In ogni caso tempi e frequenze vengono concordati preventivamente tra paziente e terapeuta, al momento del contratto terapeutico.
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Come faccio a sapere se sto migliorando?Generalmente l’avvio di una psicoterapia è preceduto da una sorta di contratto terapeutico nel quale paziente e terapeuta concordano gli obiettivi e gli strumenti di lavoro, secondo le necessità emerse e il desiderio di cambiamento espresso dal cliente. Per tutta la durata del trattamento paziente e terapeuta monitorano i risultati raggiunti e rivalutano congiuntamente, se necessario, gli obiettivi terapeutici. Poiché dunque è un lavoro co-costruito, in cui il terapeuta mette le proprie competenze professionali a disposizione del paziente che è e rimane il maggior esperto di sé stesso, non dovrebbe risultare difficile valutare il grado di cambiamento e di soddisfazione eventualmente raggiunti.
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Quando è il momento per concludere una psicoterapia?Come espresso in precedenza, poiché una psicoterapia è un lavoro co-condiviso tra paziente e terapeuta, l’avvio alla conclusione della stessa è concordato sulla base degli obiettivi che la diade si è posta a inizio trattamento e che ha monitorato e rivalutato nel tempo sulla base degli elementi emersi lungo il percorso.
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Che differenza c'è tra modalità e tipi di psicoterapia?Si distinguono modalità diverse di psicoterapia in base alle persone che sono coinvolte nel percorso psicoterapeutico; solitamente si distinguono le seguenti modalità: la psicoterapia individuale, la psicoterapia di coppia, la psicoterapia familiare, la psicoterapia di gruppo, la psicoterapia di comunità. Il tipo di psicoterapia si differenzia, invece, in base alla teoria e alla pratica che lo psicoterapeuta utilizza nel suo lavoro. Nel corso di questo e dello scorso secolo si sono sviluppati moltissimi approcci teorici e pratici diversi, moltissimi punti di vista sull’uomo e sulla sua salute psicologica. Di conseguenza i tipi di psicoterapia sono oggi tantissimi.
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Lo psicologo cura i matti?Lo psicologo è formato per lavorare, con differenti modalità, al trattamento di vari disturbi e problematiche. Chiunque può attraversare un momento di vita in cui le difficoltà interferiscono con il proprio equilibrio individuale e relazionale o con il raggiungimento dei propri obiettivi di vita. In tali casi, la consulenza di uno psicologo è particolarmente indicata per riattivare le proprie risorse. “Matto”, nell’accezione comune, è un termine utilizzato per indicare una persona affetta da una grave patologia psichiatrica che implica alterata valutazione della realtà. Tali patologie si strutturano come condizioni particolarmente difficili e dolorose sia per la persona che ne soffre che per chi ha un legame affettivo con lei/lui. Questi disturbi vanno trattati con particolare cautela e col coinvolgimento di diverse figure professionali tra cui lo psichiatra ma anche lo psicologo preferibilmente con una particolare formazione. Viene, quindi, attivato un lavoro di rete tra le diverse figure professionali al fine di prendersi cura della persona sotto il profilo psicologico, medico, farmacologico, relazionale, familiare e professionale.
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Devo raccontare tutto di me allo psicologo? Cosa gli dico?Ognuno di noi conferisce un diverso valore agli eventi, ai pensieri e alle emozioni. È piuttosto difficile pensare che le persone debbano raccontare “tutto” compresi accuratissimi dettagli. È importante che in colloquio si riesca a dire ciò che si ritiene fondamentale ma soprattutto ciò che si riesce a condividere quando si sente di volerlo fare. È compito dello psicologo aiutare il cliente mediante un giusto atteggiamento di ascolto e vicinanza emotiva ma anche attraverso domande. Tuttavia, è altrettanto fondamentale per il professionista saper attendere il tempo delle persone: ci sono momenti in cui dire qualcosa è più sostenibile o più semplice e questi tempi vanno accolti e rispettati.
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Se lo psicologo invia ad altro specialista, “dovrò raccontargli di nuovo tutta la mia storia e il mio problema”?"L’invio ad altro specialista viene concordato col cliente per motivazioni specifiche ed esplicitate: ne sono esempi l’invio ad uno psichiatra per valutazione dell’impostazione di una terapia farmacologica, oppure ad un collega per l’avvio di una terapia familiare che venga svolta in parallelo al percorso individuale, o ancora ad un collega sessuologo per una consulenza approfondita sulla specifica problematica. Col permesso del cliente, lo psicologo sentirà il nuovo professionista per la presentazione della situazione, sottolineando già certi aspetti. Il cliente avrà, quindi, già chiaro l’obiettivo dell’invio e spiegherà ciò che si sente di dire col supporto dello specialista stesso.
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Posso inviare un mio familiare?Chiunque potrebbe avere l’impressione che qualcuno di caro beneficerebbe dell’aiuto di uno psicologo. È importante però considerare che una persona deve sentire questa scelta come propria perché possa trarne vantaggio: in altre parole, deve sentire una difficoltà, riconoscere che avrebbe bisogno di aiuto per risolverla ed essere disposta ad incontrare un professionista per mettersi in gioco ad un altro livello. Ci sono dei casi in cui il professionista potrebbe valutare che sia il caso di attivare una terapia familiare (che richiede una specifica formazione); in tali situazioni tutto il nucleo familiare si fa carico del sintomo portato da uno dei suoi membri, affrontando un diverso lavoro di terapia. È importante specificare che uno stesso professionista non può prendere in carico individualmente diversi componenti di una famiglia e ancora che, se fosse attiva una terapia familiare, non sarebbe incompatibile con una terapia individuale di un membro della famiglia purché questa non venga effettuata dallo stesso terapeuta.
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Quali sono i vincoli per la presa in carico di un minore?Un minore può essere incontrato sia nell’ambito di una terapia familiare che in un percorso individuale. Il vincolo imprescindibile per poterlo fare è il consenso informato firmato da chi detiene la potestà genitoriale o la tutela. Nello specifico è necessario che entrambi i genitori firmino l’autorizzazione. É importante che il professionista incontri chi ha la potestà genitoriale o il tutore nell’ambito di un colloquio conoscitivo ed esplicativo riguardo alle modalità di lavoro e di intervento e che solo dopo venga acquisita la firma relativa al consenso.
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Lo psicologo è tenuto al segreto professionale?Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Tale aspetto viene garantito dall’art. 11 del Codice Deontologico degli Psicologi e seguenti. Nelle collaborazioni con altri colleghi, tenuti al segreto professionale, può condividere solo le informazioni strettamente necessarie in relazione alla collaborazione. All’interno dei gruppi lo psicologo può vincolare i partecipanti al rispetto del diritto alla riservatezza. Può astenersi dal rendere testimonianza a meno che non abbia il consenso del suo cliente e valuti che l’uso del consenso garantisca la tutela psicologica del cliente. Lo psicologo può derogare all’obbligo di riservatezza solo nel caso in cui ravvisi che si prospettino dei gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del cliente o di terzi. In questi casi e nei casi di obbligo di denuncia o di referto, lo psicologo riferisce lo stretto necessario ai fini della tutela del soggetto.
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Cos'è e come funziona il consenso informato all'intervento psicologico?Lo psicologo è tenuto a fornire, nella fase iniziale del rapporto professionale, informazioni esaurienti e comprensibili circa le prestazioni, le modalità e le finalità delle stesse nonché l’indicativa durata del trattamento. Aggiunge anche informazioni relative alla riservatezza e i suoi limiti giuridici. Alla fine di tali spiegazioni raccoglie un consenso informato che viene compilato e firmato dal cliente.
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Posso detrarre le prestazioni psicologiche nella dichiarazione dei redditi?Il Ministero della Sanità di concerto con il Ministero delle Finanze, visto l’art. 10 del 26/10/1972 , decretano nel 1994 che le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona dagli esercenti le professioni sanitarie soggette a vigilanza, comprese dunque quelle rese dallo psicologo, siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto (IVA). Nella circolare N. 20/E del 2011 l’Agenzia delle Entrate prevede inoltre che le prestazioni professionali dello psicologo e dello psicoterapeuta siano equiparabili a quelle sanitarie rese da un medico, e dunque che le prestazioni sanitarie rese da psicologi e psicoterapeuti per finalità terapeutiche, senza prescrizione medica, siano ammesse alla detrazione di cui all’art. 15, comma ,1 lett. c), del TUIR. Si veda anche la risposta prodotta dalla stessa Agenzia delle Entrate ad una domanda specifica su tale argomento: “Si chiede di sapere se sia corretto ritenere appartenenti alla stessa categoria professionale il medico chirurgo e lo psicologo, con la conseguenza che anche per le prestazioni rese da questi ultimi non sia necessario richiedere la prescrizione medica.” “Il Ministero della Salute ritiene equiparabili, ai fini che in questa sede interessano, le prestazioni professionali dello psicologo e dello psicoterapeuta alle prestazioni sanitarie rese da un medico, potendo i cittadini avvalersi di tali prestazioni anche senza prescrizione medica. È pertanto possibile ammettere alla detrazione di cui all’art. 15, comma ,1 lett. c), del TUIR le prestazioni sanitarie rese da psicologi e psicoterapeuti per finalità terapeutiche senza prescrizione medica” Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) indica che sono detraibili come spese mediche specialistiche tutte le spese sostenute per prestazioni sanitarie, sia psicoterapeutiche sia di altra natura, purché rese da un iscritto all’Albo degli Psicologi, dotato di specializzazione post-lauream in Psicoterapia o in altra disciplina. In aggiunta a ciò, tra le spese mediche generiche sono detraibili tutte le spese sostenute da un contribuente a fronte di una prestazione resa da uno psicologo regolarmente iscritto all’Albo. Dal medesimo Testo Unico, si deduce che le spese sanitarie rese dallo Psicologo danno luogo a una detrazione del 19% della spesa complessiva per le prestazioni sanitarie, con una franchigia pari a 129,11 euro. A partire dal 2016 le informazioni contabili relative alle spese sanitarie vengono trasmesse, a cura del professionista psicologo, all’Agenzia delle Entrate, tramite flusso telematico del Sistema Tessera Sanitaria, ai fini dell’elaborazione del mod.730/REDDITI precompilato, risultando accessibili anche dai soggetti ai quali si dovesse risultare fiscalmente a carico (coniuge, genitori, ecc.). L’opposizione all’invio dei dati (da rendere per iscritto al professionista) non pregiudica la possibilità di detrazione della spesa, bensì comporta esclusivamente che la fattura non venga inserita automaticamente nella dichiarazione precompilata.
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